Nicola Zingaretti, segretario nazionale del Pd, e i vertici dei due più grandi enti pubblici di ricerca nazionali, si sono accordati per far arrivare milioni di euro di fondi per la ricerca pubblica a un’azienda farmaceutica privata. Ai circa 12 milioni ottenuti dall’azienda grazie a due accordi tra Presidenza della Regione Lazio e i vertici del Consiglio Nazionale della Ricerca (Cnr) nel 2014 e nel 2016 senza bando pubblico, si aggiungono almeno altri 40 milioni, sempre presi dai fondi per la ricerca pubblica, concessi dal Ministero della Ricerca (Miur) e dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (Cipe) ai tempi di Luca Lotti, di nuovo senza bando. Dal 2011 a oggi l’azienda farmaceutica Irbm Science Park spa di Pomezia ha così totalizzato circa 50 milioni di euro di fondi pubblici.
Un euro per il laboratorio da 100 milioni di euro
Nel 2009 un laboratorio di eccellenza a Pomezia della multinazionale del farmaco Merck, con un centinaio di bravi ricercatori, rischia di essere smantellato dopo la fusione Merck-Schering Plough. La Merck offriva ai ricercatori una buonuscita e voleva regalare la struttura che ha contribuito allo sviluppo di farmaci innovativi come Isentress, contro l’Hiv. I ricercatori spingono perché a rilevare il tutto siano la Regione Lazio o lo Stato. Ma il governatore Piero Marrazzo si era appena dimesso e così pure il ministro competente, Claudio Scajola. E non tutti gradiscono l’ipotesi che avrebbe fatto saltare i progetti per la costruzione del Tecnopolo Tiburtino, un doppione se il centro Merck fosse finito in mano pubblica. Qui entra in gioco Pietro Di Lorenzo che fino al 2006 produce fiction per la Rai con un fatturato di 18 milioni. Interrompe i rapporti con la Rai e denuncia alla magistratura la richiesta di mazzette da parte di capi struttura. Lui non paga, racconta, e smette di lavorare. La Procura di Roma apre un’inchiesta e poi archivia. Nel vuoto della politica, Di Lorenzo si accorda con Merck Italia, la società che si occupa della parte amministrativa per la quale aveva lavorato come consulente di comunicazione, e rileva l’intera struttura, “dal valore di 100 milioni di dollari” (dice lui stesso) per il prezzo simbolico di un euro.
Nel 2010 Di Lorenzo racconta di essere stato contattato dal sottosegretario all’Istruzione Guido Viceconte (Forza Italia) per conto del ministro Mariastella Gelmini, e da Luciano Maiani, allora direttore Cnr, per costituire un consorzio pubblico privato. La Merck, infatti, a Pomezia lascia anche la collezione dei composti chimici, una sorta di catalogo di 40 mila principi attivi raccolti in anni di ricerca industriale che possono es sere usati per scandagliare principi attivi da testare per scoprire nuovi farmaci. I ricercatori di Irbm possono così continuare una proficua attività di screening, per conto di aziende o enti pubblici, dei principi attivi di altre aziende.
Il consorzio che serve da schermo
Di Lorenzo costituisce la società Irbm e due mesi dopo, il 7 luglio 2010, con il Cnr fonda il Consorzio Nazionale dei Composti Chimici e Centro Screening (Cnccs) per ampliare la banca dati di composti chimici e “diventare un punto di riferimento a livello nazionale ed europeo per l’identificazione di nuovi principi attivi per nuovi farmaci”. Al consorzio, pochi mesi dopo, si unisce l’Istituto Superiore di Sanità, l’organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale. Il 20% delle quote del consorzio è del Cnr, il 10% dell’Iss, il 70% della Irbm di Di Lorenzo. Sugli Annali dell’Istituto Superiore di Sanita si parla di una “sinergia mai vista prima tra gli enti di ricerca pubblici e privati,” scrivono scienziati di fama, tra cui Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Iss, ed Enrico Garaci, allora presidente dell’Iss. Rezza era però anche membro del cda del consorzio Cnccs. Garaci era ed è tuttora, il presidente. Anche il successore di Garaci ai vertici dell’Iss, Antonio Oleari, ne è stato membro dal 2013 al 2015, durante il suo mandato come presidente dell’Iss. Gualtiero Ricciardi, tuttora vicepresidente del consorzio, ha mantenuto la carica durante il suo mandato al vertice dell’Iss - come Oleari - sebbene lo statuto lo vieti. Ai componenti del cda spettano 30mila euro annui. Anche il direttore del Cnr Massimo Inguscio ne ha fatto parte per un breve periodo, nel 2016. Ma ha rinunciato quando gli è stata fatta notare l’incompatibilità dei due ruoli.
Della Irbm Di Lorenzo è l’amministratore unico, nel cda ci sono anche suo figlio, sua figlia e il marito. Ci passano, da quel Cda, vari ricercatori Cnr, e una consulente della British American Tobacco, una dipendente della Ldm, la società di produzione televisiva di Di Lorenzo.
Dal 2010, il Miur vincola 6 milioni l’anno al consorzio, presi dal Finanziamento ordinario (Foe) destinato al Cnr, per un totale di 44 milioni. Il 90% viene assorbito da Irbm. Tolti al Cnr che già aveva subito forti tagli. La durata del consorzio tra Cnr, Iss e Irbm di Di Lorenzo, approvata dal Miur nel 2010, è di 30 anni. Il Miur non ha mai accennato a quanto ancora finanzierà Cnccs sottraendo fondi al Cnr.
E’ solo l’inizio di un flusso crescente di denaro pubblico che arriva dritto dritto alle casse di Irbm spa. Il 9 giugno 2014, l’allora presidente del Cnr Luigi Nicolais e Zingaretti firmano il protocollo d’intesa per avviare un programma di ricerca nel territorio del Lazio nell’ambito della biochimica: “Sviluppo di Piattaforme scientifiche e tecnologiche e di librerie molecolari ad alto contenuto innovativo applicate a malattie rare e trascurate". Il 10 luglio 2014 Zingaretti nomina una cabina di regia di tre esperti per “individuare i progetti che saranno oggetto di specifica convenzione operativa”. Per assegnare fondi pubblici da milioni di euro di solito ci sono bandi pubblici e selezionatori indipendenti. Non in questo caso. Con un decreto del 10 luglio 2014, la Regione nomina Giuseppe Martini, ex direttore del dipartimento di Scienze della Vita del Cnr e nel Cda del consorzio Cnccs dal 2010 al 2012, Paolo Occhialini, esperto di biosistemi del Cnr e responsabile per il biotech della società della Regione Lazio la Filas spa. Il Cnr indica Michele Saviano, direttore del centro Cnr di cristallografia.
Se c’è il Cnr, la gara non si fa mai
Con un determina dell’11 agosto 2014, la Regione approva un progetto presentato dallo stesso Cnr, tramite il presidente Nicolais: è l’unico pervenuto e viene finanziato dalla Regione con 10 milioni di euro. Lo staff di Zingaretti spiega che un bando pubblico non serviva: basta il protocollo di Intesa col Cnr. Leggendo il progetto, sebbene presentato come di proprietà unicamente del Cnr, si evince che il grosso dei fondi sarà dato in gestione al consorzio Cnccs. Non è specificato chi saranno i coordinatori di ogni progetto, come sono stati scelti, chi ci lavorerà (i ricercatori Cnr, Iss o di Irbm?), né come verranno redistribuiti i soldi tra i tre soci del consorzio. Nel bilancio 2015 del Cnccs, si legge che il valore della produzione passa da 8 milioni a fine 2014 a 13,5 a fine 2015 “grazie alla collaborazione con la Regione Lazio”. Ma senza un accordo chiaro a monte, un’azienda privata può beneficiare di tanti milioni che in teoria vengono richiesti da un ente pubblico (il Cnr) e assegnati da un altro ente pubblico (la Regione)? Non sembra un problema per la Regione La- zio di Zingaretti: nella determina di approvazione di agosto si legge che il progetto è stato inviato dal Cnr soltanto il 2 luglio, quando la cabina di regia che doveva esaminarlo non era ancora stata neppure nominata.
Che la Cabina di Regia sia solo forma senza sostanza, lo conferma Di Lorenzo in un documento protocollato dal Cnr, dove dice che il progetto è in realtà stato redatto dal Consorzio Cnccs e direttamente presentato alle istituzioni regionali. Nel 2016, con Inguscio (da poco nominato alla presidenza del Cnr) e Zingaretti si replica lo stesso schema. Cnccs scrive il progetto, Inguscio lo propone come se fosse del Cnr, Zingaretti lo ap- prova e lo finanzia.
La zanzara Zika, dal Brasile a Pomezia
Cnr e Regione firmano un nuovo protocollo d’intesa il 10 ottobre 2016 “per progetti, programmi di ricerca, sviluppo e innovazione finalizzati ai bisogni economici e sociali della Regione”. Questa volta per la ricerca sui vaccini contro il pericoloso virus Zika trasmesso da una zanzara che vive solo nei Paesi tropicali. L’anno prima era scoppiata un’emergenza sanitaria. Ma in Brasile, non nel Lazio.
Di nuovo, il protocollo non passa dal cda Cnr, come invece richiederebbe lo statuto. Inguscio lo stipula direttamente con la Regione. Tra il 3 e il 10 novembre, viene istituita la Cabina di Regia che ha “il compito di individuare i progetti”. Di chi? Non si sa, visto che non c’è un bando pubblico. La Regione nomina nella cabina di regia Renata Sangiorgi, dirigente di Area di Ricerca, e ancora una volta Giuseppe Martini, ex consigliere nel consorzio Cnccs, lo stesso consorzio che poi ottiene i finanziamenti dalla Regione. Il Cnr non propone un suo ricercatore per valutare i progetti, ma uno dell’Istituto Superiore di Sanità, l’immunologo Giovanni Rezza, direttore dal 1991 del Dipartimento di malattie infettive, e anche lui ex consigliere del consorzio Cnccs. Inguscio informa il Cnr dell’accordo con la Regione solo il 24 novembre, 15 giorni dopo aver inviato il progetto alla Regione. Il coordinatore scientifico del progetto è Garaci. Quando il progetto arriva in Regione,la cabina di regia non si è ancora neppure insediata. Anche questa volta.
Il progetto presentato dal Cnr è stato redatto, in realtà, dal consorzio
Cnccs, o forse addirittura da Irbm spa. Lo spiega Di Lorenzo il 24 gennaio 2017 in un incontro col Cda del Cnr e gli esperti della cabina di regia. Secondo chi era presente, Di Lorenzo dichiara di aver preso già da tempo accordi con la Regione per l’approvazione del progetto, ben prima del Cnr. Non capisce le osservazioni mosse da un consigliere del Cnr sulla mancanza di trasparenza e di chiarezza sul ruolo degli esperti valutatori nominati da Regione e Cnr. Rezza e Martini, a loro volta, dicono di non sapere neppure di avere quel ruolo. Vito Mocella, consigliere del cda del Cnr, si impunta. Pretende che venga stralciato quel progetto, proprio perché ormai i valutatori ne sono stati messi a conoscenza prima dell’apertura di un bando pubblico. Il bando non arriva e il progetto viene soltanto rimodulato (non solo Zika ma anche altre malattie rare) e ottiene un fondo regionale da 6 milioni di euro. Solo a quel punto, il Cnr stipula una convenzione con il consorzio Cnccs che farà quasi tutto il lavoro, tramite l’’Irbm di Di Lorenzo che quindi prenderà il grosso dei finanziamento della Regione (oltre l’80 per cento). Un’altra parte va a Promidis, che è una controllata di Irbm e partecipata dallo stesso Cnccs, i cui laboratori sono dentro l’Istituto privato San Raffaele, di cui Garaci è presidente del comitato tecnico scientifico. Le briciole che restano al Cnr, circa 500mila euro, verranno assegnate a qualche università e qualche ricercatore Cnr. Come Cinzia Caporale, ex membro del cda del solito Cnccs.
Le decine di milioni finiti al Cnccs e di lì a Irbm, senza bandi, stanno producendo risultati importanti, assicura Di Lorenzo: farmaci promettenti per l’epatite-B e la malaria che hanno concluso la fase preclinica. Ma su queste ricerche non ci sono pubblicazioni scientifiche. “Abbiamo scelto di non pubblicare niente fino al brevetto,” assicura Di Lorenzo. Ai contribuenti italiani non resta che attendere fiduciosi.
Fonte: IlFattoQuotidiano