Il caso Capua

Ilaria Capua era stata interrogata dal pubblico ministero. Ecco il verbale

Ilaria Capua era stata interrogata dal pubblico ministero. Ecco il verbale

Nel 2007 la virologa si era presentata spontaneamente con l'avvocato per rispondere alle domande del titolare delle indagini Capaldo. L'inchiesta è stata poi divisa in tre procure. Solo a Verona si è conclusa con il proscioglimento

Ilaria Capua, la scienziata che ha abbandonato l’Italia perché coinvolta in un’inchiesta giudiziaria che si trascinava da dieci anni e dalla quale esce prosciolta, sostiene di non essere mai stata ascoltata dai magistrati. Non è vero. C’è un verbale di interrogatorio di 57 pagine, datato 2 luglio 2007, in cui “l’indagata Capua Ilaria” (così espressamente indicata) risponde alle domande del pm romano Giancarlo Capaldo, nell’ambito del procedimento penale n. 24117/06. E’ l’indagine sulla produzione e commercializzazione clandestina di vaccini per volatili di bassa corte, partita da accertamenti fatti dai Nas dopo le epidemie di influenza aviaria che avevano colpito gli allevamenti di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna tra il 1999 e il 2003.

Non c’era solo chi lucrava su queste disgrazie: si poteva temere che le epidemie avessero origine dolosa. Il procedimento è lo stesso poi spacchettato nel 2015 e distribuito a varie procure in giro per l’Italia. L’ipotesi accusatoria – poi caduta – era che Ilaria Capua, responsabile del laboratorio di virologia dell’Istituto Zooprofilattico di Padova, centro di referenza nazionale, avesse collaborato alla cessione clandestina del virus H7N3 alla ditta Merial spa, una delle multinazionali di vaccini per animali.

All’interrogatorio la dottoressa Capua si era presentata spontaneamente ma sapeva, come lo sapeva il suo avvocato Oliviero De Carolis che sostituiva il milanese Paolo Dondina nominato suo difensore, di essere all’interno di un procedimento penale.

Se c’è una cosa di cui la magistratura deve chiedere scusa, è di aver lasciato passare 9 anni prima di arrivare all’udienza preliminare, il 15 maggio 2015, davanti al Gup di Roma, dove il procedimento è stato scorporato per competenze diverse: un troncone è andato a Pavia, uno a Verona, il terzo a Padova. Pavia è scomparsa dai radar. A Verona il Gip Laura Donati ha deciso lunedì scorso per il proscioglimento, mentre a Padova, dove non figura Ilaria Capua, il pm Maria D’Arpa ha fatto la stessa richiesta ma il Gip non si è ancora pronunciato. Dettaglio non irrilevante: l’archiviazione per alcuni reati, tipo la tentata concussione o corruzione, non viene chiesta perché il fatto non sussiste ma per intervenuta prescrizione.

Ma torniamo al verbale dell’interrogatorio del 2 luglio 2007 davanti al pm Giancarlo Capaldo. Il quale doveva avere un quadro piuttosto preciso degli avvenimenti, a giudicare dalle domande che pone a Ilaria Capua. La prima cosa che gli interessa chiarire è la contraddizione tra il comportamento della Capua e quello della commissione consultiva del farmaco, a proposito dell’importazione del Dindoral, un vaccino vivo per il trattamento dei tacchini. Il Dindoral era stato sequestrato appena arrivato in Italia, perché la commissione aveva stabilito che non c’era emergenza, mentre la Capua aveva dato parere favorevole al ministero della sanità. Come si conciliavano le due cose? La Capua non sapeva del no della commissione, se la cava dicendo: “Sono punti di vista diversi”.

Il confronto si sposta sui meccanismi di commercializzazione dei farmaci animali. “Non so niente di commercializzazione, io mi occupo della parte tecnica” a domanda risponde la Capua. “Mi era stato chiesto un parere”. “Ma il parere era sulla commercializzazione”, insiste il pm, che vuol sapere anche chi se ne occupava all’Istituto Zooprofilattico. “Il direttore amministrativo Francesco Favretti e il direttore generale Igino Andrighetto”, è la risposta. I due sono ancora indagati nel troncone padovano dell’inchiesta.

Lo Zooprofilattico di Padova funzionava come una banca del vaccino. “Abbiamo fatto la diagnosi dell’influenza aviaria in tutta l’Africa” spiega Ilaria Capua. “Siamo stati i pionieri della vaccinazione”. “Ma il passaggio alle aziende come avviene?” chiede Capaldo. “Su richiesta loro, ma non sempre lo diamo”, risponde la Capua. Che però all’insistenza del magistrato che vuol capire i passaggi non riesce a precisare. “L’autorizzazione a consegnare di chi deve essere?” non molla il pm. “Non mi ricordo se la richiesta arriva direttamente dall’azienda o dal ministero”. “Ma è lei che poi deve autorizzare”. “No, l’autorizzazione non la do io”. “L’autorizzazione in modo implicito al suo dipendente, che vada a prelevare il ceppo e poi consegnarlo”. “Allora, mi arriva la richiesta: Ilaria consegna due ceppi al dottor Tizio che verrà a ritirarli e mettiti d’accordo, e io lo faccio”.

Si viene a sapere che la vaccinazione aviaria in Italia è stata sospesa il 31 dicembre 2006, con disappunto della Capua si intuisce, perché più che l’epidemia ha potuto la pandemia mediatica: “Si è parlato di un crollo del consumo di carne e di uova del 70%, fatto che è costato tantissimo ai produttori”, dice la ricercatrice. “Siccome vaccinare gli animali costa, i produttori a quanto ho capito volevano il cofinanziamento del ministero. Si è innescato un meccanismo che non conosco”.

Le campagne per la vaccinazione animale portano a scoprire il baruffone latente fra le tre multinazionali della virologia, che si contendono il mercato: Merial, Ford Dodge e Intervet. “Il direttore generale dei servizi veterinari al ministero, Mirabelli, era irritato” racconta la Capua. “Gli olandesi di Intervet avevano isolato per conto loro il vaccino e abbiamo dovuto utilizzare quello, perché era l’unico disponibile.” Anche Romano Mirabelli è uno degli indagati. La prima campagna di vaccinazione era stata fatta con l’H7N3 della Merial, ceduto sottobanco – secondo le indagini del Nas – dalla stessa Capua, con l’avallo di Stefano Marangon, in cambio di denaro.

E’ questo il punto che bisognerebbe chiarire. Ma il pm non spinge le domande in questa direzione: evidentemente non vuole scoprire le carte. Se ne rende conto l’avvocato difensore De Carolis, che prende l’iniziativa: “La domanda che faccio io alla dottoressa Capua è questa: ci sono interessi di carattere economico con ditte farmaceutiche che possono riguardare la sua posizione?” “Assolutamente no”, risponde la Capua. “Riceve contribuzioni di qualunque tipo?” insiste De Carolis. “Assolutamente no”.
“Lei conosce qualcuno di queste aziende, ha rapporti costanti?” si inserisce il pm Capaldo. “Sono dieci anni che lavoro con loro, li conosco, certo”, risponde la Capua. “I tecnici o anche gli amministratori?”, chiede ancora il pm. “Beh, ho conosciuto l’amministratore delegato della Merial italiana, non so se è ancora lui, si chiama Crippa”.
“E altri personaggi particolari, con cui lei ha più contatti?”, riprende l’avvocato De Carolis. “Per la Intervet c’è il dottor Meini”, risponde Ilaria Capua. “Questa è la risposta alla domanda del difensore”, è la sibillina precisazione del pm Capaldo, con la quale si chiude il verbale.

Sibillina perché Amelio Meini era il dirigente della Intervet al quale “la Capua e Marangon volevano cedere il test discriminatorio Diva brevettato dallo Zooprofilattico, in cambio di lauti profitti patrimoniali per gli stessi Marangon e Capua”. Lo si legge nelle carte padovane, dalle quali saltano fuori anche “ingiustificati pagamenti eseguiti dall’Istituto in favore del marito della Capua, Richard John William Currie”.
Tutto prescritto. Resta il clamore intorno a una vicenda giudiziaria che spacca l'opinione pubblica.


Fonte: https://espresso.repubblica.it/attualita/2016/07/08/news/ilaria-capua-era-stata-interrogata-dal-pm-ecco-il-verbale-1.276821

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