La Corte d’appello di Bologna ha condannato il Ministero della Salute
Ferrara, 24 settembre 2016 - Ha dovuto attendere ben 36 anni per avere giustizia, la donna di Finale Emilia che ha subìto una trasfusione di sangue infetto dal virus dell’epatite C all’ospedale ‘Santissima Annunziata’. Era l’estate del 1980. La donna, che allora aveva 27 anni, aveva perso parecchio sangue durante il parto. Ciò ha reso necessaria una trasfusione, ma nella sacca utilizzata si nascondeva il virus letale che, progressivamente e silenziosamente, ha cominciato a manifestare la propria presenza. Nel 1995, la donna (che oggi ha 63 anni) ha scoperto di essere positiva all’epatite C, ma solo nel 2005 la malattia ha iniziato a evolvere, dando origine a una grave patologia epatica, contro la quale la donna sta ancora lottando per sopravvivere. Così, nel 2007, si è rivolta allo studio legale Mattarelli - Mezzini di Roma per avere giustizia. "La causa che abbiamo intentato – spiega l’avvocato Renato Mattarelli – era rivolta al Ministero della Salute. Abbiamo voluto colpire, inizialmente, chi non ha svolto l’azione di controllo necessaria. L’obiettivo era ottenere il risarcimento previsto dalla legge n. 210/ 1992, previsto per i soggetti danneggiati irreversibilmente da sangue infetto. La legge è entrata in vigore nel 1992, in seguito allo scandalo del sangue infetto e delle trasfusioni non controllate, che è esploso in Italia a cavallo tra gli anni ’70 e ’90".
Per la signora finalese è iniziata una lunga odissea. Dapprima è arrivato uno ‘schiaffo’ da parte del Tribunale di Modena, che in primo grado ha dato torto alla donna, motivando che era trascorso troppo tempo e il diritto all’indennizzo era decaduto. La famiglia e l’avvocato Mattarelli, però, non si sono arresi e hanno presentato ricorso alla Corte d’appello di Bologna che ha rovesciato la sentenza e ha condannato il Ministero della Salute ad erogare gli arretrati dei ratei mensili dell’indennizzo a partire dal gennaio 2007 (circa 100mila euro con gli interessi legali). E, per il resto della vita della signora, l’Asl di Modena e la Regione dovranno sborsare l’assegno di circa 850 euro mensili. Somme che non restituiranno alla 63enne una vita serena, ma rappresentano una giustizia ottenuta, anche se tardivamente. ma non ci si fermerà qui. La famiglia e l’avvocato sono pronti ad affrontare una nuova causa contro lo Stato per ottenere l’ulteriore risarcimento integrale di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali in aggiunta all’indennizzo ottenuto: "In questa seconda fase – conclude l’avvocato Mattarelli – vogliamo ottenere una una tantum per risarcire la signora anche di tutto ciò che sta subendo dal punto di vista psicologico, a causa della malattia, nei rapporti con la famiglia e con il mondo che la circonda.
Oltre al Ministero, in questa tranche saranno coinvolti anche l’ospedale di Cento e l’Asl di Ferrara". Il marito della signora, raggiunto telefonicamente, è commosso per aver ottenuto giustizia: "Questa storia per noi è straziante. Mia moglie sta convivendo con questa malattia, sottoponendosi a controlli ogni sei mesi. Vogliamo proseguire questa battaglia".
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